“Senza dati sei solo un’altra persona con un’opinione”

La frase è di William Edwards Deming, che a metà del secolo scorso ha rivoluzionato il modo di gestire i processi industriali, puntando ad un miglioramento costante dei processi basato sulla misurazione continua di indici e dati oggettivi.

Nonostante sia passato quasi un secolo da quando Deming pronunciò quella frase, e nonostante oggi viviamo immersi nella digitalizzazione esasperata, molti imprenditori gestiscono ancora la loro produzione industriale a colpi di opinioni personali, sensazioni e prassi consolidate.

Si affidano ad Alexa anche per sapere se portarsi l’ombrello, ma poi regolano macchinari, flussi di lavoro, tempi ciclo, lavorazioni a bordo macchina semplicemente in base alla loro esperienza – dicasi opinione – dicasi casualità.

Quando un’azienda di produzione di questo tipo si accosta al mondo della digitalizzazione dei processi industriali (molte volte sotto la spinta degli incentivi economici tipo Industria 4.0) l’imprenditore fa un salto sulla sedia e scopre cose che mai avrebbe pensato: un mondo fatto di dati e misurazioni in tempo reale, indiscutibili nel loro brutale realismo, svela dinamiche molto diverse da quelle che si attendeva.  Lavorazioni che si scoprono essere antieconomiche, sprechi di tempo e risorse laddove si pensava di aver ottimizzato al massimo, ecc.

L’industria digitalizzata è in grado di fotografare in modo preciso ed inopinabile tutte le inefficienze e ottimizzare risorse, tempi, persone e consumi, aumentando i margini di guadagno ed abbattendo i costi di produzione.   

Se una produzione “data driven” è molto più redditizia di una produzione “opinion driven”, perché le aziende non fanno tutte la fila per digitalizzarsi e diventare da subito più performanti?

I motivi sono molti, ma ecco i principali:

1. EFFETTO BETTY CROCKER

Negli anni ’50 venne lanciata una linea di miscele pronte per dolci, battezzata appunto “Betty Crocker”. Per preparare il dolce era sufficiente aggiungere acqua alla miscela per un risultato infallibile e garantito. Le vendite furono un flop.

La General Mills, azienda produttrice, modificò leggermente la ricetta: stessa miscela ma, oltre all’acqua, era necessario aggiungere anche un uovo. Fu un successo. Perché?

La prima formulazione creava nelle casalinghe la sensazione di imbrogliare, di prendere una scorciatoia e di non potersi prendere il merito del risultato finale. Aggiungere un uovo annullava questo senso di colpa, rendendo il prodotto finalmente appetibile.

Su manager ed imprenditori agisce lo stesso “bias” cognitivo: utilizzare un software per gestire la produzione sembra svilire il loro ruolo di condottieri. Il software MES, in realtà, non mortifica la funzione direzionale e decisionale del manager, ma anzi la esalta: permette di sviluppare una nuova professionalità che basa appunto la presa di decisioni sulla capacità di lettura dei dati di produzione, oltre che sulla semplice esperienza pregressa.

2. LA “STRUZZO” BUSINESS STRATEGY

Introdurre un software MES in azienda scopre le carte. Misura tutto, porta a galla sacche di inefficienza, mette a nudo ogni incongruenza dei flussi di lavoro. Questo, a volte, spaventa.

E’ lo stesso meccanismo psicologico di chi sospetta di avere un problema di salute ma rimanda la visita dal medico perché ha paura di cosa scoprirà.  O dello struzzo che quando si sente minacciato si sotterra la testa.

3. LA SEMPREVERDE RESISTENZA AL CAMBIAMENTO

Per quanto sia una spiegazione banale, la resistenza al cambiamento influisce pesantemente sulla strategia di digitalizzazione di un’azienda.

Cambiare richiede fatica ed il cambiamento viene spesso evitato fino a quando non diviene una necessità ineluttabile, come la crisi aziendale o un cambio generazionale.

La teoria evoluzionistica però ci insegna che chi non si adatta ed evolve, non ha vita lunga davanti a se…

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